MESSICO
Indios del Chiapas
Gli Indios del Chiapas richiedono da sempre autonomia politica ed amministrativa, istituzione di scuole per l’insegnamento delle lingue e delle Culture Locali, maggiore rispetto per il Diritto alla salute visto che molti bambini muoiono ancora a causa di bronchiti o malaria. Il tasso di mortalità infantile è talmente elevato che ai bambini spesso non viene dato un nome prima del terzo anno di vita. Gli Indios del Chiapas hanno combattuto per i propri diritti dapprima contro i coloni Spagnoli, poi dal 1821, anno di ottenimento dell’Indipendenza, contro il governo centrale. L’ostacolo principale alla loro emancipazione proviene dalla regione nella quale essi sono storicamente insediati, ovvero quella di Selva Locandona, ricca di giacimenti di petrolio ed Uranio che destano l’interesse, e dunque l’opposizione a qualunque forma di emancipazione dell’area, da parte del Messico e degli Stati Uniti, che hanno dimostrato di voler impedire il cambiamento di status quo anche con la nascita del NAFTA, la zona di libero scambio tra Stati Uniti, Canada e Messico.
Dal 1983 gli Indios danno vita all’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, con a capo il Subcomandante Marcos: un movimento armato che combatte per i diritti degli Indios, manifesta l’opposizione contro i paesi occidentali, ed il neoliberismo economico. L’esercito si è costituito come movimento armato poiché attraverso le vie legali non sono mai stati raggiunti dei risultati decisivi e non si è mai stati ascoltati. Le operazioni del movimento sono state comunque per lo più di tipo dimostrativo, basate su sequestri brevi e privi di violenze.
Al popolo del Messico
Ai popoli ed ai governi del mondo
Fratelli:
non morirà il fiore della parola. Potrà morire il volto nascosto di chi oggi la nomina, ma la parola che è venuta dal fondo della storia e della terra non potrà più essere strappata dalla superbia del potere.
Noi siamo nati dalla notte. In lei viviamo. Moriremo in lei. Ma la luce sarà il domani per i più, per tutti quelli che oggi piangono la notte, per tutti quelli cui si nega il giorno, per quelli per i quali la morte è un regalo, per quelli ai quali è proibita la vita. Per tutti la luce. Per tutti tutto. Per noi il dolore e l’angoscia, per noi l’allegra ribellione, per noi il futuro negato, per noi la dignità insorta. Per noi niente.
La nostra lotta è per farci ascoltare, ma il malgoverno grida la sua superbia e tappa con i cannoni il suo udito.
La nostra lotta è contro la fame, ma il malgoverno regala piombo e carta allo stomaco dei nostri figli.
La nostra lotta è per un tetto dignitoso, ma il malgoverno distrugge le nostre case e la nostra storia.
La nostra lotta è per il sapere, ma il malgoverno dispensa solo ignoranza e disprezzo.
La nostra lotta è per la terra, ma il malgoverno offre cimiteri.
La nostra lotta è per un lavoro giusto e degno, ma il malgoverno compra e vende corpi e vergogne.
La nostra lotta è per la vita, ma il malgoverno offre morte come futuro.
La nostra lotta è per il rispetto del nostro diritto a governare e governarci, ma il malgoverno impone ai più la legge dei meno.
La nostra lotta è per la libertà di pensare e camminare, ma il malgoverno mette prigioni e tombe.
La nostra lotta è per la giustizia, ma il malgoverno è pieno di criminali ed assassini.
La nostra lotta è per la storia, ma il malgoverno propone l’oblio.
La nostra lotta è per la Patria, ma il malgoverno sogna con bandiera e lingua straniere.
La nostra lotta è per la pace, ma il malgoverno annuncia guerra e distruzione.
Tetto, terra, lavoro, pane, salute, educazione, indipendenza, democrazia, libertà, giustizia e pace. Queste sono state le nostre bandiere nell’alba del 1994. Queste sono state le nostre richieste nella lunga notte di 500 anni. Queste sono oggi, le nostre esigenze.
Il nostro sangue e la nostra parola hanno acceso un piccolo focherello nella montagna ed abbiamo camminiamo verso la casa del potere e del denaro. Fratelli e sorelle di altre razze e di altre lingue, di un altro colore e dello stesso cuore, hanno protetto la nostra luce e da lei hanno acceso pure i loro fuochi.
È venuto il potente a spegnerci col suo forte soffio, ma la nostra luce è cresciuta in altre luci. Sogna il ricco di spegnere la prima luce. È inutile, ci sono già molte luci e tutte sono le prime.
Vuole il superbo spegnere una ribellione che la sua ignoranza ubica all’alba del 1994. Ma la ribellione che oggi ha un viso bruno e una lingua vera, non è nata ora. Prima ha già parlato con altre lingue ed in altre terre. In molte montagne e con molte storie ha camminato la ribellione contro l’ingiustizia. Ha parlato in lingua náhuatl, paipai, kiliwa, cúcapa, cochimi, kumiai, yuma, seri, chontal, chinanteco, pame, chichimeca, otomí, mazahua, matlazinca, ocuilteco, zapoteco, solteco, chatino, papabuco, mixteco, cuicateco, triqui, amuzgo, mazateco, chocho, izcateco, huave, tlapaneco, totonaca, tepehua, popoluca, mixe, zoque, huasteco, lacandón, maya, chol, tzeltal, tzotzil, tojolabal, mame, teco, ixil, aguacateco, motocintleco, chicomucelteco, kanjobal, jacalteco, quiché, cakchiquel, ketchi, pima, tepehuán, tarahumara, mayo, yaqui, cahíta, ópata, cora, huichol, purépecha y kikapú. Ha parlato e parla in castellano. La ribellione non è una parola in una lingua, è dignità, è esseri umani.
Perché lavoriamo ci ammazzano, perché viviamo ci ammazzano. Non c’è posto per noi nel mondo del potere. Perché lottiamo ci ammazzeranno, ma noi faremo un mondo dove ci stiamo tutti e dove tutti viviamo senza morte nella parola. Ci vogliono togliere la terra perché il nostro passo non incontri più la terra. Ci vogliono togliere la storia perché nell’oblio muoia la nostra parola. Non ci vogliono come indios. Morti, ci vogliono.
Per il potente il nostro silenzio è sempre stato il suo desiderio. Tacendo morivamo, senza parola non esistevamo. Lottiamo per parlare contro l’oblio, contro la morte, per la memoria e per la vita. Lottiamo per la paura di morire la morte dell’oblio.
Parlando nel suo cuore indio, la Patria continua degna e con memoria.