Raccolsi delle informazioni su Edward S. Curtis dopo aver visto la mostra allestita al castello d’Albertis, di Genova, lo scorso anno.
Curtis dedicò tutta la propria vita alla raccolta di fotografie di Nativi Americani raccogliendo nel suo bagaglio vittorie, sconfitte, soddisfazioni e difficoltà. E’ grazie anche alle fotografie di Curtis che sono pervenute a noi moltissime informazioni sui popoli Nativi del Nord America che altrimenti sarebbero andate irrimediabilmente perdute.
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BIOGRAFIA
Edward Sheriff Curtis nacque nel 1868 nella regione rurale del Wisconsin.
Durante l’infanzia ebbe senz’altro modo di vivere a contatto con gli indiani, ma non ci sono documenti che attestino l’effettiva influenza dei Nativi su di lui sin da bambino.
Sviluppò ben presto l’interesse per il lavoro sul campo e la fotografia: accompagnò suo padre Johnson Curtis in diversi viaggi, e costruì la sua prima macchina fotografica all’età di 12 anni. La prima esperienza professionale la ebbe a St.Paul nel 1885.
Quando suo padre, già cagionevole di salute, morì, fu il giovane Curtis ad occuparsi dell’intera famiglia, assumendone le responsabilità.
Dapprima soltanto apprendista fotografo, divenne presto fotografo professionale di buona fama. Aprì a Seattle un piccolo studio fotografico, “Edward S. Curtis, Photographer and Photoengraver”, e nel 1892 sposò Clara Phillips.
Gli ottimi proventi dello studio fotografico, oltre a renderlo il miglior fotografo di Seattle, gli conferirono una certa stabilità economica che consentì a Curtis di passare molto più tempo fuori città per dedicarsi alla sua grande passione, quella per l’esplorazione. Amava infatti fare escursioni ed arrampicate, e fra i suoi soggetti preferiti, vi erano i paesaggi: i grandi spazi aperti, le colline, e le foreste.
Durante un’esplorazione, incontrò un gruppo di escursionisti dispersi di cui facevano parte Hart Merriam, fisico e naturalista, e George Bird Grinnell, editore di un Magazine e scrittore professionista, particolarmente interessato agli Indiani della Pianure. L’incontro, per quanto casuale, si rivelò di grande importanza, poiché furono proprio Grinnell e Merriam ad assicurare a Curtis il ruolo di fotografo ufficiale nella Spedizione Harriman, che si sarebbe tenuta in Alaska nel 1899.
Nell’estate del 1900, Curtis e Grinnell viaggiarono fra gli Indiani delle Pianure. Ebbero modo di incontrare Blackfeet ed Algochini, ed assistettero fra l’altro a diverse Sun Dance.
Quest’esperienza divenne la più significativa della sua carriera: l’interesse di Curtis per gli Indiani del Nord America crebbe ulteriormente.
Si rese conto di come usi e costumi dei popoli Nativi erano destinati a scomparire sotto l’influenza dei costumi occidentali. Le fotografie, con cui avrebbe documento cerimonie, riti, volti, attimi di vita e luoghi, avrebbero trasmesso un messaggio vendicativo, di ammonimento per il popolo civilizzatore, che a poco a poco stava annientando un’intera Cultura, “una razza che sta scomparendo”.
Nacque così il “North American Indian Project”.
Fu proprio il viaggio del 1900 ad ispirare il sogno che lo avrebbe, dall’anno successivo, impegnato per tutta la vita.
Allora non poteva sapere che per portare a termine il Progetto avrebbe affrontato svantaggi e difficoltà dal punto di vista economico e personale: la moglie l’avrebbe lasciato, avrebbe perso la famiglia e il benessere economico. Persino le sue condizioni di salute fisica e mentale ne avrebbero risentito.
Ciò nonostante non rinunciò mai al proprio sogno. Come lui lo definì sin dall’inizio: “un sogno così grande che non riesco a vederlo tutto”.
Nel 1904 spostò il proprio campo d’indagine verso le tribù ad ovest del Mississippi che ancora conservavano usi e costumi tradizionali. Decise di lasciare definitivamente lo studio di Seattle, affidandone la gestione ad Adolph Murh e nello stesso anno comunicò l’idea del progetto a Frederick Webb Hodge, dello Smithsonian’s Bureau of American Ethnology. Questi gli avrebbe dato pieno consenso, e sarebbe rimasto al suo fianco in tutte le spedizioni diventando Editore dell’intera impresa.
Le fotografie sui Nativi divennero presto molto famose.
Curtis vinse il concorso fotografico indetto da un Magazine, e venne chiamato a fotografare il Presidente Theodore Roosvelt e famiglia.
Fu quest’occasione a dargli l’opportunità di esporre il Progetto e mostrare le fotografie che ritraevano i Nativi Americani, all’allora presidente degli Stati Uniti: egli ne rimase felicemente impressionato. Lo appoggiò sin dall’inizio, e continuò ad incoraggiarlo per l’intera durata della sua carriera.
Nel 1906, Curtis strinse un accordo con J.P. Morgan, famoso imprenditore del periodo, che acconsentì al finanziamento delle spedizioni. (ho visto una sua fotografia, se avete presente Mary Poppins, la scena nella banca.. ecco, mi ricorda i burberi e terrificanti finanzieri )
Morgan propose i finanziamenti in due soluzioni: avrebbe consegnato immediatamente al fotografo l’intera somma di 75.000 dollari, oppure li avrebbe suddivisi in 5 tranches annuali da 15.000 dollari.
Insieme decisero che il Progetto avrebbe dato vita ad una Collana a tiratura limitata (500 copie), che avrebbe contato alla fine un totale di 20 volumi, ciascuno con portfolio, arricchiti da testi etnografici illustrati.
Il 30 Marzo 1906, ebbe ufficialmente inizio la Missione.
Sempre al suo fianco rimasero l’editore Hodges, e un fedele assistente: William Myers.
Da subito Curtis si rese conto che la conclusione del progetto avrebbe richiesto molto più tempo rispetto ai soli 5 anni preventivati.
Il progetto andò inoltre in crisi alla morte di Morgan, sopraggiunta nel 1913. Sembrava a quel punto difficile trovare nuovi imprenditori disposti ad elargire finanziamenti.
Fu così che molti dei proventi dello studio di Seattle, vennero utilizzati per il finanziamento delle spedizioni e la stampa dei negativi: in questo modo, ben pochi soldi rimasero a sostentamento della famiglia di Curtis.
Nonostante, inizialmente, la moglie Clara Phillips accompagnasse il consorte in molte esplorazioni, dopo la nascita dei primi tre figli, Harold, Beth e Florence, le prolungate assenze del marito da Seattle la portarono a chiedere il divorzio.
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Curtis si trasferì a Los Angeles con la figlia maggiore Beth, con cui aprì un nuovo studio fotografico.
Quando Beth divenne autonoma nello svolgere la professione, Curtis cominciò a lavorare ad Hollywood per molti importanti film (Tarzan, I Dieci Comandamenti, Il Re dei Re..), e riprese a lavorare sul campo per il suo grande Progetto.
Nel 1922, Curtis riuscì a pubblicare il 12° volume della collana, con un distacco di 6 anni dall’uscita del precedente. Nello stesso anno, Jack Morgan, figlio di J.P. Morgan, acconsentì a finanziare il costo delle rimanenti pubblicazioni.
Nel 1926 William Myers lasciò il proprio posto di assistente a Steward Estwood, e nell’anno successivo, con il viaggio in Alaska, venne collezionato il materiale che avrebbe permesso, nel 1930, la pubblicazione del 19° e 20° volume.
A distanza di 24 anni dall’inizio della missione, con un costo totale di quasi 35 milioni di dollari attuali, con sole 300 copie effettivamente realizzate (di cui 86 rimaste invendute) sulle 500 inizialmente previste, il North American Indian Project, venne finalmente portato a termine.
Durante l’intera carriera Curtis sviluppò circa 50.000 negativi, effettuò 10.000 registrazioni della lingua e della musica dei Nativi Americani e girò il primo e più completo documentario su queste popolazioni.
La collana, intitolata The North American Indian, venne nel 1911 definita dal New York Yerald come l’impresa più grande mai realizzata dopo l’edizione della Bibbia. Conta 20 volumi, ciascuno con relativo portfolio, interamente realizzati a mano e rilegati in pelle. L’intera collana conta circa 2200 immagini con dettagliate descrizioni etnografiche. Alcune di queste raccolte complete si possono trovare tuttora negli Stati Uniti e in Europa: ma, mentre negli anni sessanta il valore attribuitogli era di circa mille dollari, oggi, visto il rinnovato interesse, la collana vale oltre un milione di dollari.
Il lavoro di Curtis può essere distinto in quattro diverse zone di interesse: Sudovest, Nordovest, California e Grandi Pianure. Per ciascuna di esse Curtis raccolse stampe che documentavano la spiritualità, i volti, attimi di vita e modi di vivere dei diversi popoli.
La Costa del NORD OVEST, L’altipiano e l’Alaska
Già negli ultimi anni dell’800, Curtis cominciò a raccogliere alcune immagini che sarebbero poi entrate a far parte della collana “The North American Indian”.
I primi popoli ad essere documentati, furono gli indiani della regione a Nord Ovest, sulla costa pacifica, popoli che Curtis vide fra gli altri come più genuini, perchè meno contaminati, negli usi, nei costumi e nelle cerimonie, dall’influenza culturale dei popoli Europei.
Grazie alle grandi risorse naturali, le popolazioni del Nord Ovest potevano dedicare meno tempo alla caccia ed alla raccolta per il sostentamento, per incentrarsi sulla produzione di oggetti molto complessi ed elaborati come maschere e totem.
La regione dell’Altipiano e delle foreste, area che si estende fra Stati Uniti e Canada, è ricca di corsi d’acqua (uno degli elementi preferiti da Curtis) e di valli d’alta montagna circondate da foreste maestose.
Curtis ebbe modo di vivere a contatto con gli Eschimesi della regione artica e subartica dell’Alaska.
Gli Eschimesi praticavano la pesca, ma il fondamentale mezzo di sussistenza era la caccia su kayak e canoe di foche, balene, trichechi, ottima fonte di carni, grassi, ossa ed organi interni.
I mammiferi marini una volta cacciati venivano essiccati e affumicati per essere conservati e consumati successivamente durante la stagione invernale.
Essendo un’attività pericolosa, solo i cacciatori ed i canoisti più esperti erano in grado di praticarla.
In questi luoghi, cultura, valori, e religione dei Nativi Americani sembravano convivere in perfetta armonia con l’ambiente.
Probabilmente i popoli Nativi del Nord Ovest, rappresentarono il massimo esempio di quella Sacralità che Curtis aveva intenzione di trasmettere e comunicare attraverso le immagini. Le immagini che Curtis riportò da queste regioni risultarono infatti particolarmente liriche e serene.
La Missione, paradossalmente, si concluse nel 1927 proprio nell’area dove ebbe inizio. Era come se Curtis fra questa gente si “sentisse a casa”.
Le foto del Nord Ovest furono scattate principalmente fra tribu Nootka, Koskimo, Nunivak, Skokomish..
Ecco la suddivisione dei nomi di tutte le Tribù del Nord Ovest che entrarono a far parte della collezione. In particolare erano contenute nel nono, decimo, undicesimo e ventesimo volume della collana:
Costa del Nord Ovest:
Quinault, Skokomish, Quilcene, Suquamish, Squaxon, Chimakum, Quilleute, Willipa, Cowichan, Snoqualmu, and Lummi. Kwakiutl. Nootka, Haida and Makah.
Alaska:
Nunivak, King Island, Hooper Bay, Noatak, Selewik, Kobuk, Little Diomede Island, Cape Prince of Wales, and Kotzebue.
386×550 [JPG]Clayoquot Girl, del 1915
299×396 [JPG] Quilcene Boy, del 1912
400×550 [JPG] Jackson, Interpreter at Kotzebue, del 1928
IL SUD OVEST
Nel 1900, Curtis si spinse verso il Sud Ovest, incontrando tra gli altri popoli anche Hopi, Apache, e Navajo.
Gli Indiani di questa regione erano stanziati principalmente in Nuovo Messico ed Arizona, per poi dislocarsi in piccole sacche nelle regioni del Texas, della California, e del Messico settentrionale.
Vista la scarsità della vegetazione e della fauna selvatica, questi popoli divennero principalmente agricoltori. Si stanziarono in villaggi semi permanenti, e, in età più antica, anche nei Pueblos, vere e proprie città le cui strutture sono ancora oggi intatte e ritenute dagli archeologi le più antiche ed importanti testimonianze di insediamento permanente del Nord America. Furono abitati per centinaia di anni.
Anche in questo caso Curtis decise di volgere l’interesse ai popoli del sud Ovest per via del loro modo di vivere tradizionale, ancora all’inizio del 900 rimasto fortemente legato alle radici spirituali e culturali. Curtis rimase profondamente affascinato dai riti sacri di questi popoli. Questi ultmi permisero al fotografo di procedere con le riprese delle cerimonie, e Curtis ebbe anche la fortuna di partecipare ad alcune di esse: un privilegio permesso solo a pochissimi bianchi.
Nel 1907 ebbe la fortuna di incontrare ed immortalare Geronimo, il grande capo Apache, ed a questa raccolta appartiene Canon de Chelly, una delle più belle e significative fotografie di Curtis.
Fra il 1900 ed il 1925 tornò diverse volte fra questi popoli, molto più spesso di quanto accadde per le altre regioni.
Le foto del Sud Ovest sono contenute nel primo, secondo, dodicesimo, sedicesimo e diciassettesimo volume.
Ecco i popoli che incontrò Curtis:
Sud Ovest:
Apache, Navajo, Pima, Papago, Qahatika, Mohave, Yuma, Maricopa, Walapai, Havasupai, Hopi, Tiwa, Keres, Taos, Isleta, Jemez, Cochiti, Sia, Santo Domingo, Acoma, Paguate, Tewa, Zuni, San Ildefonso, San Juan, Nambe, Tesuque, e Santa Clara.
Original dimension: 600×473 [JPG] Canon de Chelly, 1904
359×550 [JPG]Qahatika Water Girl. 1907
381×550 [JPG] Geronimo – Apache , 1907
Le Grandi Pianure
Come già detto, la spedizione che Curtis intraprese alla volta delle Grandi Pianure nell’estate del 1900 insieme a Grinnel, fu probabilmente la più importante della sua vita. Assistette alla Danza del Sole, esperienza che fece maturare in lui la decisione definitiva di intraprendere il North American Indian Project, e portare a termine il sogno che fra molte disavventure l’avrebbe impegnato per il resto della vita.
I popoli delle Pianure, al tempo di Curtis, erano stanziati in particolare in Montana, Wyoming, Nord e Sud Dakota. Territori prima attraversati da grandi mandrie di bisonti.
Fra le altre Tribù Curtis incontrò anche Apsaroke, Piegan, Lakota. Curtis cercò di racchiudere o trasformare in immagine, l’idea di orgoglio, dignità, indipendenza, forza, nobiltà, fierezza, tutte qualità ed emozioni che la gente delle pianure, donne, guerrieri, grandi capi, nessuno escluso, erano in grado di trasmettere.
Le foto rappresentavano capi indiani, guerrieri, ornamenti, tende, cavalli, i paesaggi delle Grandi Pianure, "la vastità della terra e del cielo", ma anche metodi di caccia, di guerra, rituali e cerimonie religiose.
Curtis potè riprendere alcuni grandi capi, tra cui Capo Giuseppe, e nel 1907, accompagnato da tre scout Crow che avevano lavorato per Custer, ebbe modo di visitare il Little Big Horn ed i luoghi che avevano segnato la fine del generale, il 25 giugno di trentun’anni prima. Grazie alla ricostruzione degli avvenimenti da parte dei Crow ed alcuni Cheyenne che combatterono dalla parte dei Sioux, Curtis riuscì a rendersi conto dell’inettitudine di Custer, che spedì verso un sicuro massacro le sue truppe.
Le foto delle Grandi Pianure, rappresentano quelle più note fra quelle lasciateci in eredità da Curtis.
Da molti queste immagini furono e sono tuttora assunte come simbolo dell’identità, del cuore e dello spirito degli Indiani d’America, ed il foto-etnografo, nelle esplorazioni successive, non sarebbe più riuscito a trovare un esempio più profondo di quello che per lui era il concetto del North American Indian.
Le foto raccolte in quest’area si trovano dal terzo fino all’ottavo volume, e poi ancora nel diciottesimo e diciannovesimo.
Le Grandi Pianure:
Teton, Oglala and Brule Sioux, Yanktonai, Assiniboin, Apsaroke (Crow), Hidatsa, Mandan, Arikara, Atsina, Piegan, Cheyenne, Arapaho, Yakima, Klickitat, Kutenai, Flathead, Kalispel, Spokan, Nespilim, Kittitas, Nez Perce, Walla Walla, Umatilla, Cayuse, Wishham, Chinook, Chepewyan, Cree, Sarsi, Wichita, Southern Cheyenne, Oto, e Comanche.
Anche io sarò di parte … ma queste a mio avviso trasmettono senza dubbio emozioni più forti (ndF)
Original dimension: 550×457 [JPG] The Chief and His Staff – Apsaroke, 1905
394×550 [JPG]Flathead Profile , 1910
360×500 [JPG] Chief Joseph, 1905
Il Grande Bacino e la California
Nel 1922 Curtis, accompagnato dalla figlia Florence, si diresse verso le regioni della Nord California e del Sud Oregon (dove rimase poi per i due anni seguenti) in un avvincente ed avventuroso viaggio alla scoperta delle piccole tribù che le popolavano.
I popoli del Gran Bacino e della California erano dediti alla produzione di oggetti in argilla e vivevano di caccia, pesca e raccolta. La cacciagione era costituita da antilopi, cervi, orsi e piccoli mammiferi ma anche insetti, rettili, mentre la pesca era praticata solo sulle zone costiere.
La California era popolata da molte piccole tribù, che in estate vista l’abbondanza di risorse si riunivano a comporre famiglie molto più ampie. I conflitti erano molto rari ed i dialetti e linguaggi erano più di 200 e molto diversi fra loro. Anche presso questi popoli esistevano molte cerimonie, in cui si faceva uso di droghe a volte, ma all’arrivo di Curtis l’aspetto spirituale appariva comunque già molto sbiadito.
Una parte del finanziamento per portare a termine questo viaggio, Curtis riuscì a recuperarlo ideando un dispositivo per l’estrazione dell’oro rimasto all’interno delle miniere abbandonate del Colorado.
Le foto appaiono nel tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo volume, e furono raccolte tutte tra il 1924 ed il 1926.
California e Grande Bacino:
Hupa, Yurok, Karok, Wiyot, Tolowa, Tutuni, Shasta, Achomawi, Klamath, Kato, Wailaki, Yuki, Pomo, Wintun, Maidu, Miwok, Wappo, Yokuts, Shoshone, Palm Canon, Mission Cupeno, Serrano, Chemehuevi, Cahuilla, Diegueno, Mono, Paviotso, e Washo.
Original dimension: 406×550 [JPG]Shatila – Pomo, 1924
Original dimension: 402×550 [JPG] A Serrano Woman of Tejon, 1924
Original dimension: 409×550 [JPG] Aged Pomo Woman, 1924
CITAZIONI
"Secondo l’uso degli indiani il mio nome sarebbe quello di "Uomo che non ebbe mai tempo per giocare" . Curtis
"Guarda attentamente. Fra non molto non sarà più possibile vedere questo genere di cose. Appartengono al passato". George Bird Grinnel a Curtis mentre osservano la cerimonia della Danza del Sole.
"E’ un sogno così grande che non riesco a vederlo tutto!" . Curtis.
"E’ diventato come un indiano. Ha vissuto, ha parlato come un indiano; è stato una sorta di "grande fratello bianco". Ha passato i migliori anni della sua vita – al pari dei rinnegati di un tempo – fra gli indiani. Ha scoperto vecchie abitudini tribali e resuscitato i costumi fantastici di un tempo ormai passato" . I giornali dell’epoca.
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E così finiamo il viaggio attraverso la grande Missione di Curtis.
Mi sono chiesta se il tornaconto che avesse Curtis nell’intraprendere questa impresa fosse esclusivamente o prevalentemente monetario ed economico.
Curtis invece si ritrovò ad affrontare numerose difficoltà per portare a termine il progetto, andò in bancarotta e la sua passione per l’arte fotografica e questo progetto lo portarono anche al divorzio e numerose disavventure e difficoltà… insomma gli cambiò totalmente e da più punti di vista la vita, spesso più nel male che nel bene.
Inoltre con il suo lavoro potè ampliare la conoscenza e l’ammirazione per questo popolo da parte degli americani che a quel tempo li vedevano con ancora maggior razzismo, intolleranza, disinteresse, sufficienza ed indolenza. Ha permesso a noi poveri fessi di guardare il volto e lo sguardo di quelle persone che tanto ammiriamo, ci ha lasciato una grandissima testimonianza di cose che potevano andare completamente perse. Alcune sono talmente belle da essere commoventi *_*
Se osservate le foto che potete ritrovare anche in questo sito (http://curtis.lib…stern.edu/), che consiglio perchè ricco di informazioni dal primo all’ultimo volume e davvero ben fatto… secondo me vi stupirete nel vedere qui e lì uomini, donne e bambini, che somigliano moltissimo a vostri amici e conoscenti…
Ed infatti una riflessione che mi vien da fare, è come fossero simili a noi e quanto invece sia assurdo il fatto che per tempo siano stati considerati così diversi… come dice il mio caro "Lore":
Siamo noi in altre vite, in altre latitudini
Noi, in altre nostalgie in altre solitudini
Noi.. siamo sempre inesorabilmente noi..
Uniti dall’abbraccio di una stella
Divisi dentro al muro di una cella
Il sangue è sempre rosso, indipendentemente dalle vene…